Sallustio-Bellum Iugurthinum
Il Bellum Iugurthinum narra un evento storico antecedente rispetto all'argomento della prima monografia: la guerra sostenuta dai Romani in Africa per ben sei anni, dal 111 al 105 a.C., contro Giugurta, re della Numidia.
Troviamo anche qui, come nel De Catilinae coniuratione, i due momenti fondamentali della storiografia sallustiana: l'attenzione specifica per l'evento importante e l'interesse più generale per le condizioni e le vicende etico-politiche dello Stato romano.
Rispetto all'opera precedente, i due aspetti tendono a divaricarsi maggiormente e a fissarsi in una serie di fatti diversi, anche se intrecciati fra loro: la lunga guerriglia nel lontano paese africano e la lotta fra le varie componenti della società romana; ed è appunto questa lotta, insieme alla corruzione della nobilitas, impedisce una rapida conclusione della guerra. Anche qui la riflessione politico-morale di Sallustio si esprime in un ampio excursus, che interrompe il fluire del racconto storico per indagare le cause della decadenza della res publica.
Il punto d'inizio della crisi è nuovamente indicato nella caduta di Cartagine, e identiche sono le cause generali, la tranquillità e la prosperità.
Viene in questa opera individuato con maggiore precisione il fattore fondamentale della decadenza dello Stato romano, non più attribuita genericamente, come nel De Catilinae coniuratione, alla corruzione causata dall'ambitio e dall'avaritia, ma alla discordia interna, ossia ai conflitti fra popolo e senato; la discordia poi è fatta derivare dalla scomparsa di quel metus hostilis che costituisce l'altra importante novità di questo excursus e che chiarisce i motivi per cui la rilassatezza morale non ha più trovato argini dopo la distruzione di Cartagine: l'unico vero elemento di coesione dello Stato era costituito dalla coscienza di una minaccia esterna.
Le posizioni del Bellum Iugurthinum mostrano dunque il coerente sviluppo del pensiero storico sallustiano sulla linea di un lucido e disincantato pessimismo.
All'excursus di argomento etico-politico si aggiungono altre due sezioni digressive, che trattano l'una della geografia e dell'etnografia dell'Africa, l'altra della posizione geografica e della storia leggendaria della città africana di Leptis. I tre excursus assumono un'importanza strutturale e scandiscono il racconto secondo il seguente schema:
Cap 1-4 Proemio
Cap 5-16 Antefatto della guerra contro Giugurta
Cap 17-19 Excursus geografico
Cap 20-40 Azione diplomatica dei Romani durante la prima fase del conflitto, che si protrae a causa della corruzione di alcuni uomini appartenenti alla nobilitas; dure reazioni dei rappresentanti della plebe
Cap 41-42 Excursus politico
Cap 43-77 Metello uomo onesto appartenente alla nobilitas, insieme a Mario, homo novus, conducono la seconda parte delle operazioni; contrasti fra i due perché Mario aspira al consolato; Giugurta prosegue la guerra con alterne vicende
Cap 78-79 Excursus su Leptis
Cap 80-116 Ultima fase del conflitto: Giugurta si allea con Bocco, re della Mauritania. Da parte romana sul campo ci sono prima Metello e poi Mario, divenuto console, che ha con sé come questore il giovane Silla; dopo le ultime vicissitudini Giugurta viene consegnato ai Romani di Bocco
Cap 114 Conclusione
La narrazione anche in questa monografia, come nella prima, è fortemente selettiva: troviamo rapidissimi scorci che liquidano gli eventi di molti mesi o anni, e ampi segmenti dedicati ad un unico fatto. Anche qui a procedimenti propriamente narrativi si alternano lettere e discorsi, che consentono di esprimenre direttamente i punti di vista dei personaggi e divengono un essenziale strumento di approfondimento psicologico, ma soprattutto il mezzo privilegiato per svolgere la tematica politica. Molto importante, a questo riguardo, è il discorso di Mario al popolo (cap 85) in cui il personaggio, raggiunto il consolato, sfoga il suo rancore contro i nobiles che lo osteggiano, esalta gli homines novi e afferma che la vera nobilitas è quella che scaturisce dal valore (virtus).
Inoltre, come nel De Catilinae coniuratione, per la definizione delle figure più eminenti, come Mario e Silla, viene impiegata la tecnica descrittiva del ritratto, volta a condensae efficacemente i tratti essenziali di individualità di spicco.
Anche in questo caso Sallustio pone in posizione di forte rilievo una figura negativa: Giugurta. il suo personaggio non è però, come Catilina, fissato nel suo ruolo e nel suo tipo fin dall'inizio, ma si viene definendo nel corso dell'opera. Abbiamo dapprima un giovane di grande energia fisica ed intellettuale, che si batte valorosamente al fianco dei romani (di cui i Nùmidi erano alleati) sotto Numanzia; le uniche ombre che sfumano quest'immagine positiva provengono dai sospetti e dalle insinuazioni di altri personaggi.
Solo dopo la morte del vecchio re Micipsa e i contrasti con i cugini per l'eredità del regno di Numidia, Giugurta imbocca la strada del delitto e si trasforma prima in un maestro dell'intrigo e della corruzione (sua la famosa invettiva contro Roma " O città venale e destinata presto a perire , se troverai un compratore!") e poi in un nemico non tanto potente quanto astuto e ostinato.
In questa sua parte di "cattivo"egli appare (come i tiranni delle tragedie) ira e metu anxius (tormentato da ira e paura) sempre diviso tra l'impulso al delitto e la preoccupazione per le conseguenze. Questa dimensione tragica si rivela pienamente quando la fortuna del re di Numidi comincia a declinare ed egli è gettato dal timore e dal sospetto in uno stato di febbrile incertezza.
Nell'ultima fase del personaggio prevale invece la tipologia del perdente: una figura drammatica che reagisce con disperata energia, fino alla sconfitta, ineluttabile ma strenuamente avversata. A differenza di Catilina, che è statico, e si presenta come un feroce sovversivo dal principio alla fine, Giugurta possiede dunque una personalità complessa e dinamica, che si adatta e contribuisce all'evoluzione delal vicenda.
Di fronte a lui si erge una pluralità di figure di antagonisti, che sono espressione dello Stato romano: essendo un nemico esterno, egli viene fronteggiato dai rappresentanti dell'intera res publica e non soltanto, come Catilina, da quelli della parte onesta di essa.
Fra gli avversari del re di Numidia troviamo un'intera gamma di personaggi con caratteristiche morali molto diverse: ci sono i nobili che si lasciano corrompere o che mostrano totale incompetenza; ci sono i membri della nobilitas integri e capaci, ma superbi, come Metello, e homines novi probi ed efficienti ma ambiziosi, come Mario. Proprio su quest'ultimo si fissano l'attenzione e la simpatia di Sallustio, che in lui apprezza, sia pure non acriticamente, la capacità di rinnovamento della politica (un rinnovamento che consiste nel ritorno ai valori del mos maiorum) propria dei migliori fra i populares.